In questo strano periodo, obbligato al telelavoro (sia benedetto il giardino) e con quasi tutti i miei clienti congelati nelle loro attività, mi sono trovato a vivere una nuova dimensione della mia professione, a cui non avevo ancora pensato. L’esperto di speranza.

La domanda che mi viene fatta in continuazione è sempre la stessa: ce la faremo? Non riferita alle raccolte in corso (giustamente messe in stand by), non riferita alle stime di impatto del danno sul bilancio (per alcune delle mie realtà soverchiante), ma riferita alla loro mission, alla loro compagine sociale, alla loro realtà vista come “persona” giuridica. Una persona non più in senso metaforico, ma come essere in grado di soffrire e di morire, come succede alle sue singole parti. È questo il senso di quel “ce la faremo?”: la nostra realtà sopravviverà a tutto questo?

SÌ, rispondo sempre, e non per retorica o per quieto vivere, ma perché questo è il mio lavoro in questo momento. Somministrare speranza, proprio come una medicina, perché una realtà capisca che ci sarà un dopo, e quel dopo comincia ora. Sono troppo ottimista? Non credo. Sono un fundraiser, e quindi ho sempre molto chiaro qualcosa che i miei clienti a volte dimenticano: il fundraising è relazione, una fitta rete di relazione che ho intessuto per loro in questi anni, una rete sana, forte e genuina. Ed è questo il momento che la relazione diventi la nostra arma segreta, perché significa “non siamo soli”. Non siamo soli anche in questi tempi, non siamo soli anche chiusi in casa, non siamo soli anche in quarantena, non siamo soli anche nella paura, non siamo soli anche nella sofferenza, non siamo soli anche nel lutto.

Per ora il mio lavoro è questo: l’esperto di speranza. Una speranza che io vedo, concreta e tangibile, quotidiana. Brescia, la mia città, sta sfondando la quota dei 10 milioni di euro raccolti per la sanità. A Urago Mella, il mio quartiere, la pizzeria e il fornaio hanno lavorato insieme per sfornare un mostrillione di brioches da portare nei reparti dell’Ospedale civile. Nei palazzi accanto a casa i giovani vanno a fare la spesa per gli anziani soli in modo che non debbano uscire di casa.

Una speranza che mostro agli altri, aiutandoli a raggiungerla con strategie e pianificazione, con consigli e tanto ascolto, con un pizzico di coraggio nel rispondere: CERTO CHE CE LA FAREMO, E LO FAREMO COSÌ.

Filippo Abrami – Responsabile Consulenza Fundraising